Canto di Passo, comunicato stampa
Venerdì 28 agosto, ore 21 Porto Antico, Piazza delle Feste, Genova
CANTO DI PASSO di Marco Aime, con Moni Ovadia e con Carla Peirolero, Mirna Kassis canto, Salah Namek violoncello partecipazione in video di Bintou Ouattara adattamento teatrale e regia Carla Peirolero, video di Luca Serra con la collaborazione di Arianna Sortino
Prima Nazionale
Abbiamo disegnato il mondo con i nostri piedi, e siamo ancora tutti gente in cammino
Il 22° SUQ Festival inaugura la sua rassegna Teatro del dialogo venerdì 28 agosto 2020 nella Piazza delle Feste del Porto Antico di Genova con la prima nazionale di Canto di passo. Scritto dall’antropologo Marco Aime, è una produzione Suq proposta nell’adattamento teatrale e regia di Carla Peirolero, e vede in scena un protagonista teatrale di primo piano quale Moni Ovadia, immigrato come i compagni con cui divide il palco: i siriani Mirna Kassis e Saleh Kamek. Ognuno di loro racconta storie di frontiere geografiche e di confini, anche quelli del tempo, come la Donna del Caviglione, vissuta 24.000 anni fa, a cui presta il volto Bintou Ouattara, attrice del Burkina Faso, che compare in video come se ci parlasse dalla teca del Museo Preistorico dei Balzi Rossi, dove tutti possono conoscerne la storia e i reperti. Una antenata degli immigrati di oggi. In scena anche Carla Peirolero e ad accompagnare i brani recitati e le canzoni sarà un video con immagini proiettate su grande schermo, curato da Luca Serra in collaborazione con Arianna Sortino.
“Canto di passo ha la forza della parola, del canto, delle immagini. Canto di passo è un omaggio all’umanità in cammino, un saluto per chi si è salvato, il ricordo di chi non ce l’ha fatta. Quando ho letto il copione di Marco Aime mi ha colpito che un antropologo e un saggista come lui potesse avere una scrittura così poetica, emozionante, riuscisse a immedesimarsi così bene nei sentimenti di chi è costretto a partire, o di chi si trova imprigionato tra muri di rifiuto e indifferenza. Mi sembrava un’occasione da non perdere, ma che esigeva un artista e testimone d’eccezione come Moni Ovadia e dei compagni di viaggio che conoscessero sulla pelle l’esperienza della migrazione: Bintou Ouattara, Mirna Kassis, Salah Namek. In questa avventura teatrale non è il dolore a prevalere, o la tristezza, ma la forza e la speranza. È significativo che il ritorno in pubblico della Compagnia del Suq sia proprio nel segno delle frontiere, geografiche e intime, perché in fondo ci sentiamo tutti, artisti e spettatori, accomunati dal desiderio di attraversare la frontiera della paura, generata dalla pandemia. Il teatro ha il compito di curare, ricucire le relazioni, aiutare a ripensare la fragilità della nostra condizione umana, per ritrovare una nuova solidarietà”. Carla Peirolero
“Confine. Perché questa idea si è fatta roccia, muro, barriera, che segna terra, acqua, aria. Pensiero che incide il terreno, la pelle, le anime. Perché è penetrata nelle nostre menti, fino a diventare un dogma, una verità a cui non pensiamo neppure di sfuggire, una verità per la quale si può uccidere o morire. Ogni Stato celebra i suoi caduti per un confine, che separa “noi” dagli “altri”. Noi chi? Noi quali? E quali altri? È il diverso a creare il confine o è quest’ultimo a creare diversità? Perché quando concediamo la nazionalità a uno straniero, diciamo naturalizzare? La natura è assolutamente innocente rispetto alle frontiere che la accusiamo di avere creato”. Marco Aime